Gli scorsi 7 e 8 giugno a Santomato, una ridente località nella campagna pistoiese, si è svolto uno stage di ju-no-kata organizzato dal maestro Alessio Oltremari 7° dan (Nihonden Judo® ACSI) e tenuto da Sumiko Akiyama 澄子 秋山 7° dan Kodokan. Sono stati circa 30 i fortunati judoka che hanno avuto il privilegio di poter partecipare ad un simile evento ed io ero fra quelli, assieme ai miei cari amici Werner Masolini, Andrea Davì e Luca Stornaiuolo.
Per chi non conoscesse Sumiko Akiyama sensei (nata nel febbraio del 1940), mi sembra sufficiente ricordare che si diplomò cintura nera 1° dan con il grande Kyuzo Mifune 10° dan e fu allieva anche delle maestre Masako Noritomi 8° dan e Keiko Fukuda 9° dan le quali dettero una pregevole dimostrazione di ju-no-kata durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Tokyo 1964.
Attualmente Akiyama sensei, che compare nel ruolo di uke della maestra Noritomi nel video didattico sul ju-no-kata diffuso dal Kodokan in VHS e nelle foto del libro “Kodokan Judo”, è considerata la maestra in assoluto più esperta di ju-no-kata tanto che anche Etsuko Yokoyama 6° dan e Chigusa Omori 5° dan – già allieve di Katsuko Umezu 8° dan (ormai troppo anziana per insegnare) e sei volte campionesse del mondo – oggi si allenano sotto la sua supervisione.
Ebbene, dopo un pomeriggio intenso sotto il solleone giunse l’ora della cena e delle chiacchiere conviviali attorno alla tavola: avevo tante cose da chiedere alla maestra ed ero sinceramente emozionato. Presa una seggiola e sedutomi di fronte a lei iniziai con il domandarle – grazie all’aiuto di una simpatica interprete – che cosa fosse cambiato oggi nel Judo rispetto ai tempi di Jigoro Kano.
Akiyama sensei sorrise con tenerezza e poi mi rispose che il Judo, nel corso dei decenni, è mutato in profondità, cambiando completamente faccia rispetto all’era del Fondatore; il Judo – proseguì – non fu concepito come uno sport (di forza) il cui unico fine e scopo fosse la competizione. La “Via dell’adattabilità” fu elaborata con il nobile intento di fornire uno strumento adeguato per migliorare il benessere psicofisico della popolazione, al fine di crescere e migliorarsi insieme in amicizia e mutua prosperità. E tale concetto era ben presente nella mente e nelle intenzioni dei primi discepoli di Jigoro Kano i quali, insieme a lui, diffusero il Judo in tutto il mondo. Oggi è la forza che prevale sull’adattabilità e le gare e la prestanza fisica hanno preso il posto dello studio profondo e di un fisico armonioso.
La maestra mi disse con decisione che attualmente – per la maggior parte dei praticanti – il Judo è forza, è competizione, è medaglia; sembra che i judoka abbiano smarrito la retta via e tale situazione è stata ben disegnata con una battuta simpatica proprio da Akiyama sensei, che sorridendo mi disse:
«Non c’è alcun bisogno di riscoprire e studiare l’antico go-no-kata (“forme della forza”) dal momento che il Judo è, oggi, già di per sé una disciplina di forza…»
Il mio dialogo continuò attirando l’attenzione di molti altri judoka presenti che colsero l’occasione per intervenire; il discorso proseguì sul ruolo dei kata nel mondo del Judo e sul loro corretto apprendimento. Akiyama sensei ribadì più volte che anche il kata non ha nulla a che vedere con la gara, nacque e fu praticato fin dalla nascita del Kodokan per uno scopo completamente opposto.
A questo punto, sempre più curioso e motivato, le chiesi cosa pensasse delle campionesse Yokoyama e Omori e mi disse che, sebbene la loro esecuzione di ju-no-kata fosse eccellente, si percepiscono tuttavia dei gesti, dei movimenti e dei dettagli “agonistici” che con il kata puro ed autentico non hanno nulla a che vedere. E questa sua dichiarazione getta ancor più dubbi ed ombre sulle gare di kata, che costituiscono un mondo a sé stante che inizialmente ebbe il pregio di far riemergere “dalle nebbie dei tempi” le quasi dimenticate forme del Judo ma che, con il passare degli anni, sta rischiando di snaturare il Judo stesso privandolo della sua intima sostanza, in favore della mera formalità tecnica.
Il clima a quel punto era davvero particolare e la maestra parlava direttamente con me senza quasi badare all’interprete. L’emozione era tanta e la serenità dipinta sul suo volto mi lasciava quasi senza parole. Gli argomenti fluirono uno dopo l’altro come un fiume in piena e non saprei dire quanto tempo passò.
Alla luce di quanto ascoltato fino a quel momento le feci un’ultima domanda, forse la più insidiosa, ma sapevo bene che la maestra avrebbe risposto a tutto. Quindi le chiesi:
«Sensei ma oggigiorno che cosa rimane del Jita-kyoei?»
Ricorderò per sempre le sue parole…
«Il Jita-kyoei non “rimane”, non è questa la questione perché tale principio non è scomparso, esiste ancora! Anche se gli eventi hanno preso una piega inaspettata e le cose non sembrano andare come Jigoro Kano Shihan si aspettava, il Jita-kyoei è e sarà sempre il fine verso cui orientare le nostre vite. Sta a noi, giorno dopo giorno, cercare di vivere in base alla logica dell’amicizia e della mutua prosperità».
Con questa massima di vita e di Judo il mio dialogo con Akiyama sensei ebbe termine. Un sorriso, un inchino e un semplice “dōmo arigatō” どうもありがとう, furono i piccoli segni della mia grande riconoscenza nei suoi confronti.
Akiyama sensei è sempre stata gentile e disponibile in tutte le occasioni in cui ho avuto il piacere di partecipare ai suoi stages sul Ju no Kata. Una persona squisita e preparatissima grazie alla quale ho potuto scoprire qualcosa in più di quello che è il grande universo dei kata. Grazie anche al M° Oltremari che si prodiga per organizzare con frequenza questi incontri che davvero non hanno prezzo!!