In questo articolo vorrei illustrare una teoria sviluppatasi tra gli esperti qualche decennio fa relativamente alle cause che determinarono la morte del grande Jigoro Kano Shihan, il 4 maggio 1938. Il titolo dell’articolo è la parafrasi di una famosa opera teatrale del drammaturgo Arthur Miller – Morte di un commesso viaggiatore (del 1949) – da molti considerata l’opera più importante e significativa del teatro contemporaneo statunitense. Ma dal momento che il defunto in questione non era affatto un commesso viaggiatore bensì una delle personalità più eminenti ed importanti del Giappone, mi si conceda questo piccolo gioco nel titolo.
Il Fondatore del Judo, nato il 28 ottobre 1860, durante la sua vita ricoprì una moltitudine di incarichi istituzionali e dirigenziali: fu consigliere del Ministero della Pubblica Istruzione, preside del 5° Liceo Nazionale, dirigente del 1° Liceo Nazionale, dirigente del Dipartimento Affari Esteri del Ministero dell’Educazione, primo presidente della Japan Athletic Association, rappresentante del Giappone all’interno del C.I.O. (Comitato Olimpico Internazionale). Egli visitò tutto il mondo non solo per diffondere il suo Judo ma anche per far conoscere la città di Tokyo (ed il Giappone tutto) dal momento che il governo nipponico aveva espresso la volontà di ospitare un’edizione delle Olimpiadi.
Dunque il Professor Kano fu senz’altro un uomo che oggi noi definiremmo “importante”: la sua cultura, la sua dedizione allo studio e al miglioramento personale, il Judo lo aiutarono a dare sempre tutto sè stesso in ogni situazione e ad affrontare la realtà con coraggio ed obiettività. Jigoro Kano fu il primo grande esempio vivente di come il Judo, se praticato con dedizione e passione tutta la vita, possa dare al praticante “quella marcia in più” che altro non è che il saper dosare ed utilizzare al meglio le proprie energie fisiche e mentali, per poi contribuire attivamente alla crescita ed al benessere della società intera
Il Fondatore si fece conoscere in tutto il Giappone – e nel mondo intero – anche per i suoi ideali di pace e di fratellanza: ripudiava la violenza e la forza fine a sè stessa e tentava di far capire ai suoi connazionali che ormai era davvero giunto il momento di abbandonare le oscure e violente tradizioni del passato. La figura del Samurai era già scomparsa da qualche decennio: l’unicità e l’importanza di ogni vita umana dovevano emergere come valori cardine della società. Il codice d’onore del Guerriero (Bushido) che esaltava sangue, violenza e morte ormai non aveva più alcun valore: il Giappone era entrato nella modernità anche grazie al contributo fondamentale di Jigoro Kano. Pace, fratellanza, solidarietà tra popoli erano per lo Shihan dei valori cardine sui quali basò la sua vita ed il suo modo di lavorare, sia in veste di “Maestro dei Maestri” che in quelle di ambasciatore, docente, preside, ricercatore e studioso. E proprio attorno a questi aspetti si colloca “il mistero” che avvolge la sua morte…
Il 4 maggio 1938 si trovava a bordo del battello Hikawa Maru, di ritorno verso casa dopo il viaggio in Egitto (nella città de Il Cairo) in qualità di rappresentante del Giappone al 12º Convegno del C.I.O.: in quella sede il Comitato approvò la proposta di svolgere le successive Olimpiadi a Tokyo. Durante questo viaggio per mare, all’età di 77 anni, Jigoro Kano morì. La causa ufficiale della morte – conosciuta dai più – è la polmonite. Sembra che siano state registrate e conservate le comunicazioni via radio tra il comandante del battello e la terraferma nelle quali egli avvisava che lo Shihan stava male ed era affetto da polmonite. Dunque non sembrano esserci dubbi in proposito…
In quel preciso momento storico il il Giappone era mosso da una nuova e violenta spinta imperialista: gli ideali di Kano erano scomodi e controcorrente: la nazione del Sol Levante si stava velocemente avviando verso la Seconda Guerra Mondiale. Nelle menti e nelle coscienze dei Giapponesi non dovevano trovare spazio le idee pacifiste: era necessario, per il governo nipponico, che la nazione tornasse ai “gloriosi” fasti dell’epoca dei Samurai ove la singola vita non valeva nulla e si doveva morire senza domande nè opposizioni ad un semplice ordine. Rebus sic stantibus alcuni studiosi (tra cui il compianto Cesare Barioli) sostengono che la morte del Professor Kano non fu affatto naturale: l’ipotesi che si è fatta strada è quella dell’avvelenamento. Infatti secondo studi in materia, apparentemente i sintomi della polmonite e dell’avvelenamento da cibo possono essere molto simili tanto da confondersi. Ed in Giappone vi è una secolare, se non millenaria, scia di omicidi politici… Inoltre vi sono testimonianze scritte del fatto che durante i primi decenni del XX secolo Jigoro Kano fu contattato da gruppi radicali della destra nazionalista, influenti nel governo, che volevano una stabile presenza militare all’interno del Kodokan.
E come se ciò non bastasse, dopo la morte del Fondatore furono dei militari a prendere la presidenza della Scuola per alcuni anni, mentre i Kamikaze si lanciavano suicidi sulla Flotta del Pacifico ancorata a Pearl Harbour, di fatto decretando l’ingresso del Giappone nel secondo conflitto mondiale.
Coincidenze? Curiosità della storia? Se è vero che historia magistra vitae – vedi le vite di Gandhi, Mandela, San Suu Kyi e moltissimi altri “martiri della pace” – forse i dubbi sulla vera morte di Jigoro Kano sono fondati.
Come sempre i tuoi ottimi articoli, Filippo, lasciano spazio alla sana riflessione, come in questo caso la voglia di ricercare sempre la verità delle cose.
Anche se lo Shihan è morto proprio in quel preciso contesto storico molto particolare niente ha permesso al judo di continuare a vivere, e con esso anche i messaggi più importanti che il prof. Kano ci ha lasciato. Credo che bisogna costantemente ricercare la verità, cercando di avvicinarsi quanto più possibile alla fonte delle cose che vogliamo imparare a conoscere e padroneggiare. Specialmente nel judo, poiché è sempre più alto il numero di persone che predicano tante cialtronerie…
Grazie Ivo per i tuoi apprezzamenti! Faccio del mio meglio per andare in profondità e non fermarmi alle apparenze. Sì, se in una qualsiasi disciplina si vuole essere considerati dei veri “esperti” bisogna darsi da fare e ricercare, studiare, approfondire. Solo così si avranno i mezzi per accorgersi in autonomia di quando una persona sta sparando solo sciocchezze spacciandole per verità!